venerdì 29 giugno 2012
lunedì 25 giugno 2012
giovedì 21 giugno 2012
I DITTATORI DELLA CINA
ITALIA:
MILANO sospende decisione su cittadinanza al Dalai Lama. Troppe pressioni da Pechino che potrebbe rinunciare a Expo 2015
mercoledì 20 giugno 2012
venerdì 15 giugno 2012
FEDERAZIONE ANARCHICA ITALIANA
Della
lotta armata e di alcuni imbecilli
Nel nostro paese la situazione politica e sociale mostra chiari segni di un'involuzione autoritaria su scala globale. Il dispiegarsi di politiche disciplinari in risposta alle questioni sociali è segno che il tempo dei compromessi, delle socialdemocrazie sta tramontando. Potremmo dover fare i conti con il rischio che si impongano regimi decisamente autoritari. La criminalizzazione dei movimenti sociali e degli anarchici, prepara il terreno e nuovi dispositivi repressivi: nuove leggi, nuovi procedimenti penali, una sempre più forte torsione delle normative vigenti, un sempre maggior controllo militare del territorio.
L'immediata gestione mediatica del mostruoso attentato di Brindisi la dice
lunga su quali sono le intenzioni dell'oligarchia al potere. Un atto vile, di
terrorismo indiscriminato, contro delle giovani donne, antisociale e criminale,
viene tranquillamente assimilato ad episodi di lotta armata, magari con origini
greche o con contorno mafioso, con l'obiettivo palese della realizzazione
dell'unità di tutti gli schieramenti in difesa dello Stato, un'unità che
abbiamo visto all'opera negli anni della solidarietà nazionale, delle leggi
speciali, dell'arretramento sociale e culturale del paese.
Anche il ferimento dell'AD di Ansaldo nucleare e la rivendicazione inviata al
Corsera dal nucleo "Olga" della FAInformale dimostrano come azione e
comunicazione si intreccino e si confondano in un gioco di specchi infinito e
deformante. Occorre osservare con attenzione per coglierne l'intima trama.
I media, gli stessi che minimizzano da sempre la ferocia della guerra che
l'esercito italiano combatte in Afganistan, hanno sparato a zero contro il
movimento anarchico, quel movimento che non si sottrae alle lotte sociali, che
è in prima fila nei movimenti per la difesa ambientale, contro la guerra e il
militarismo, contro le leggi razziste e le politiche securitarie nel nostro
paese.
Giornali, radio e televisioni, che nell'immediato non avevano alzato i toni, si
scatenano dopo la rivendicazione.
Nelle crisi sono sempre ricercati dei capri espiatori, su cui indirizzare
l'attenzione della cosiddetta pubblica opinione. Come sono riusciti negli anni
'80 a svuotare di segno e di contenuto la ricchezza dei movimenti del decennio
precedente, rovesciandogli addosso, a tutti ed indistintamente, la
responsabilità del lottarmatismo, facendo di ogni erba un fascio, comminando
carcere a pioggia, provocando divisioni e contrapposizioni, così oggi c'è chi
intende rispolverare i vecchi arnesi della criminalizzazione preventiva.
D'altronde la situazione per governi e padroni non è facile: devono far
digerire misure sempre più indigeste e in loro cresce la paura di una
ribellione sociale.
Il ferimento di Adinolfi è stato colto al volo per rilanciare, dopo le varie
informative dei servizi segreti sul pericolo
"anarco-insurrezionalista", l'incombenza della minaccia terroristica
di matrice anarchica, collegandolo al malcontento sociale crescente, al
movimento NoTav e, in generale, contro ogni forma di opposizione sociale.
Se l'operazione in corso è questa, è evidente che bisogna aspettarsi sempre
nuove operazioni repressive.
In una situazione dove l'aggressione alla qualità della vita della popolazione
si sta intensificando, soprattutto nel settore del lavoro dipendente, del
precariato, del piccolo artigianato e commercio, e dove ci sarebbe bisogno di
tutta la partecipazione, di tutta l'intelligenza e della capacità collettiva
per organizzare risposte incisive, promuovere lotte, sviluppare iniziative di
solidarietà sociale, dare ossigeno alle forme autogestionarie di risposta
concreta alla crisi, appare inevitabile doversi misurare con chi pensa che un
gruppo, un'organizzazione, dura, combattente, clandestina, possa ottenere
risultati efficaci, con chi pensa di avere la risposta in tasca. Come il gruppo
che ha firmato l'attentato al dirigente di Ansaldo Nucleare rivendicando la sua
appartenenza alla federazione anarchica informale. Soprattutto se l'enfasi
mediatica con il quale vengono riportate queste azioni è funzionale al
coinvolgimento di tutto il movimento anarchico in un processo di
criminalizzazione generale, che ha investito pesantemente anche la Federazione
Anarchica Italiana.
Non per caso il testo del nucleo "Olga" viene pubblicato integralmente
dal Corriere della sera, che decide in tal modo di fare da megafono alla
FAInformale. Viene da chiedersi il perché. La risposta non è difficile.
Il comunicato, dopo le prime righe sulla questione nucleare, è dedicato alla
propaganda: buona parte del documento è un attacco violentissimo al movimento
anarchico nelle sue tante componenti.
Tutti i quotidiani, i GR e i telegiornali dedicano ampio spazio ad un testo in
cui si sostiene che gran parte del movimento anarchico fa proprio un anarchismo
"ideologico e cinico, svuotato da ogni alito di vita". Non solo.
Secondo gli informali gli anarchici impegnati nelle lotte sociali
"lavorerebbero per il rafforzamento della democrazia". Ossia per il
mantenimento dell'ordine gerarchico.
Chi legge ha l'impressione che lo scopo reale dell'azione non fosse tanto un
monito ai signori dell'atomo, quanto l'ottenere l'audience adatta a far sapere
a tutti la propria opinione sul movimento anarchico.
L'azione degli anarchici è descritta come mera attività ludica, "ascoltare
musica alternativa" mentre il "nuovo anarchismo" nasce dal gesto
di "impugnare la pistola", dalla scelta della "lotta
armata".
Il mezzo annebbia a tal punto il fine che i supereroi da cartone animato, che
non amano "la retorica violentista ma con piacere" hanno
"armato" le proprie mani non si rendono conto che nel nostro paese il
nucleare è al momento uscito di scena, grazie alle lotte e ai movimenti
popolari.
Azioni dirette, senza delega, concrete e capaci di mostrare che è possibile
prendere in mano il proprio destino, lottare contro i giganti dell'atomo e
sconfiggerli, come a Scanzano Jonico e nei blocchi dei trasporti nucleari tra
l'Italia e la Francia, dove gli anarchici erano in prima fila.
Ogni giorno gli anarchici partecipano alle lotte per difesa del territorio e
per l'autogoverno, contro i padroni per la realizzazione di margini di
autonomia dei lavoratori dalla schiavitù salariata, contro la guerra e le
produzioni militari, per una società senza eserciti e frontiere, contro il
razzismo, il sessimo, la guerra ai poveri e alle donne.
Gli anarchici, che subiscono lo sfruttamento e l'oppressione come tutti, a
fianco di ogni altro sfruttato ed oppresso, si battono contro lo stato e il
capitalismo per creare le condizioni per abbatterli, mirando a spezzare
l'ordine materiale e, insieme, quello simbolico, consapevoli che non basta
distruggere ma occorre saper costruire. Costruire senza timore che la casa
venga abbattuta, sapendo che ogni spazio liberato, anche per pochi momenti,
diviene luogo di sperimentazioni dove tanti assaporano il gusto di una libertà
che non è astrazione poetica ma concreta edificazione di un ambito politico non
statale.
Azioni che prefigurano sin da ora relazioni politiche e sociali di segno
diverso, che non si limitano al "sogno di un'umanità libera dalla
schiavitù" perché il percorso di libertà non è un "sogno" ma la
scommessa quotidiana dentro le realtà sociali in cui siamo forzati a vivere e
che vogliamo contribuire a cambiare. Non da soli. Mai da soli, perché l'umanità
è fatta di persone in carne ed ossa, perché agire in nome di un'astratta
"umanità" è tipico degli stati, delle religioni, persino del
capitalismo che promette senza mantenere benessere e felicità. Non degli
anarchici.
La pratica della libertà attraverso la libertà può essere contagiosa ma non si
può certo imporre.
Gli estensori del comunicato rifuggono il "consenso" e cercano
"complicità". Se ne infischiano del fine e pensano solo al mezzo, di
fatto rinunciando ad ogni prospettiva di rivoluzione sociale anarchica. Il loro
linguaggio e la loro pratica sono un cocktail di pratica avanguardista e
retorica estetizzante.
Inevitabile che i media dessero loro ampio spazio, seguendo linee
interpretative a volte divaricate, altre volte intrecciate. La maggior parte
degli organi di informazione ha imbastito teoremi per mettere in relazione le
lotte sociali e la FAI informale, in un rapporto quasi simbiotico.
Gli anarchici sono serrati in una morsa interpretativa: da un lato descritti
come "terroristi" o loro tifosi, dall'altro come burocrati
inoffensivi.
Una morsa che probabilmente sarà gradita a chi si compiace del gesto, vi si
appaga in un'estasi esistenziale in cui il bagliore di un attimo compensa il
grigiore di una quotidianità spesa nel silenzio e nell'attesa di un'altra
occasione per far salire l'adrenalina. "Per quanto lieve sia questo
bagliore – scrivono – la qualità della vita ne sarà sempre arricchita".
Tra un pacco postale e una pallottola alle gambe potranno crogiolarsi nella
fama di carta che i media pagati da padroni e partiti vorranno regalare loro.
Al di là dell'uso mediatico dell'attentato ad Adinolfi, resta il dato politico
del riproporsi di un avanguardismo armato, che oltre le seduzioni semantiche,
ricalca una parabola da partitino autoritario, che culla l'illusione di potersi
ergere a guida di quanti giudicano intollerabile il mondo dove viviamo. Non a
caso al processo per le cosiddette "nuove BR", persone lontanissime
dall'anarchismo hanno manifestato entusiasmo per l'attentato di Genova. È
l'apoteosi del mezzo, che non si cura del fine. Una sorta di trasversalità
dell'agire colma l'apparente distanza dei progetti. In realtà questa distanza
si dissolve allorché questa pratica si sviluppa in opposizione alle lotte
sociali, inevitabilmente costrette in quello che il nucleo "Olga"
chiama "cittadinismo". Con questo termine bollano le lotte popolari
che in questi anni, con crescente radicalità organizzativa hanno più volte
messo in difficoltà i governi che si sono succeduti, ledendo gli interessi
delle grandi imprese ed inaugurando pratiche di partecipazione certo non
anarchiche ma sicuramente lontane dalla triste abitudine alla delega in bianco
elettorale.
Fuori dalle lotte sociali cosa resta? Il partito, null'altro che il partito.
Non a caso i fautori della federazione informale si sono dotati di una
sigla-contenitore, riducendo il percorso di affinità alla pratica di azioni
violente. Prescindiamo dal fatto banale – anche se grave - che in tal modo si
offre una sponda ad infinite operazioni repressive basate su reati associativi.
Andiamo oltre anche al rischio palese che un giorno o l'altro Stato o fascisti
possano usare la sigla per scopi propri, utilizzando la sponda loro
ingenuamente offerta.
Se l'esito è il partito, l'organizzazione che agisce dove altri non agirebbero,
l'organizzazione che si pone in lotta privata con lo Stato e i padroni, allora
quest'esito conduce direttamente fuori dall'anarchismo.
L'anarchismo è altrove. L'anarchismo non si impone, ma si propone. Ogni giorno,
giorno dopo giorno, nell'auspicio che si fa agire concreto perché gli
sfruttati, se vogliono, possono creare le condizioni per fare a meno di chi li
sfrutta, perché gli oppressi, se vogliono, possono lottare per liberarsi da chi
li opprime. È questione di pratica, di ginnastica della rivoluzione, di
sperimentazione del possibile e del desiderabile, di messa in gioco quotidiana.
Nell'estasi superomista del gesto che appaga, scrivono con disprezzo che per
gli anarchici sociali "unica bussola è il codice penale". Scrivono
"costi quel che costi": gli anarchici il prezzo lo pagano ogni
giorno. Anche, ma non è né un vanto né una lamentela, di fronte ai tribunali,
che ci presentano il conto per le lotte cui partecipiamo.
Gli autori del comunicato usano il termine "federazione" ma riducono
il federalismo alla relazione intangibile tra chi si riconosce nella pistola
che spara o nel pacco che deflagra, non certo nella volontà di costruire un
ambito di relazioni che si impegni a coniugare libertà ed organizzazione.
I detrattori dell'anarchismo sostengono che è impossibile coniugare libertà e
organizzazione, anarchia e organizzazione, poiché identificano l'organizzazione
con la gerarchia, con lo Stato, con l'imposizione violenta di un ordine sociale
che limita la libertà e trasforma l'uguaglianza in uno scheletro formale senza
base materiale.
I sostenitori della democrazia parlamentare ritengono che la libertà vada
limitata, perché, al di là della retorica sul potere popolare, non vedono la
libertà come il segno distintivo di un'umanità che si emancipa dalla
sottomissione ad un qualsivoglia ordine gerarchico, ma come pericolo da
ingabbiare. Per i democratici l'unico modo di regolare i conflitti, la giungla
sociale, è nell'imposizione violenta di regole fissate in base al principio di
maggioranza.
Gli esponenti del nucleo Olga adottano la giungla sociale con cui gli Stati
giustificano la loro esistenza, come puntello ad un agire per il gusto d'agire,
un agire che rifugge con sdegno ogni riflessione sull'etica della
responsabilità, sulla necessità morale e politica di costruire strade che tutti
possano e vogliano percorrere. Un agire che basta a se stesso, senza alcuna
attenzione a coloro, senza i quali, piaccia o non piaccia, si fa la guerra
privata allo Stato, non la rivoluzione. Nel loro scritto proclamano "il
piacere di aver realizzato pienamente e aver vissuto qui e oggi la ‘nostra'
rivoluzione". In questo modo la rivoluzione sociale si riduce ad una
pratica autoerotica in club privé.
L'anarchismo si è sempre basato sulla consapevolezza nello scegliersi azioni ed
obiettivi, e sulla responsabilità personale nel perseguirle: esso rimanda
sempre alla coscienza degli individui e alla interpretazione del momento
storico in cui essi vivono.
L'efficacia dell'azione diretta non viene espressa dal grado di violenza in
essa contenuta, quanto piuttosto dalla capacità di indicare una strada
praticabile da tutti, di costruire una forza collettiva in grado di ridurre la
violenza al minimo livello possibile all'interno del processo di trasformazione
rivoluzionaria.
La violenza se eretta a sistema rigenera lo Stato.
La scommessa degli anarchici organizzatori è quella di costruire ambiti di
relazione politica e sociale, che, con il loro stesso esistere, prefigurino
relazioni sociali libere, dove il legame organizzativo amplifica la libertà del
singolo. L'anarchismo sociale non è permeato da alcuna pretesa che esista la
formula definitiva per la società anarchica, ma si interroga e interrogandosi
prova a praticare una relazione tra diversi che miri alla sintesi possibile,
nel rispetto delle differenze di ciascuno e ciascuna. Siamo consapevoli che
solo una società omologata e, quindi, intrinsecamente autoritaria se non
totalitaria, può immaginare di espungere il conflitto dalle relazioni sociali:
per questa ragione consideriamo l'anarchia un orizzonte costantemente in
costruzione, dove la rivoluzione sociale che abolisce la proprietà privata ed
elimina il governo, è il primo passo non l'ultimo di un percorso di
sperimentazione sociale, che è nostro sin da ora.
EQUITA'
Applicazione della norma giuridica secondo giustizia, cioè tenendo conto delle concrete circostanze non previste dalla legge- Giustizia, Imparzialità.
lunedì 11 giugno 2012
LA FRIVOLEZZA DEI TALK SHOW
NON E' L'INFERNO (ma lo è)!
Ho… dato la
vita e il sangue per il mio paese
e mi ritrovo a non tirare a fine mese,
in mano a Dio le sue preghiere
Ho… giurato fede mentre diventavo padre
due guerre senza garanzia di ritornare,
solo medaglie per l’onore
Se qualcuno sente queste semplici parole,
parlo per tutte quelle povere persone che
ancora credono nel bene…
Se tu hai coscienza guidi e credi nel paese
dimmi cosa devo fare per pagarmi da mangiare,
per pagarmi dove stare,
dimmi che cosa devo fare
No, questo no, non è l’inferno,
ma non comprendo com’è possibile
pensare che sia più facile morire
No, non lo pretendo ma ho ancora il sogno
che tu mi ascolti e non rimangano parole
Ho… pensato a questo invito non per compassione
ma per guardarla in faccia e
farle assaporare un po’ di vino e un poco da mangiare
Se sapesse che fatica ho fatto per parlare con mio figlio
che a 30 anni teme il sogno di sposarsi
e la natura di diventare padre
Se sapesse quanto è difficile il pensiero
che per un giorno di lavoro
c’è che ha più diritti di chi ha creduto
nel paese del futuro
No, questo no, non è l’inferno,
ma non comprendo com’è possibile
pensare che sia più facile morire
No, non lo pretendo ma ho ancora il sogno
che tu mi ascolti e non rimangano parole,
Non rimangono parole…
Pensare che sia più facile morire
Io no, non lo pretendo
ma ho ancora il sogno
che non rimangano parole
Non rimangano parole
Non rimangano parole
e mi ritrovo a non tirare a fine mese,
in mano a Dio le sue preghiere
Ho… giurato fede mentre diventavo padre
due guerre senza garanzia di ritornare,
solo medaglie per l’onore
Se qualcuno sente queste semplici parole,
parlo per tutte quelle povere persone che
ancora credono nel bene…
Se tu hai coscienza guidi e credi nel paese
dimmi cosa devo fare per pagarmi da mangiare,
per pagarmi dove stare,
dimmi che cosa devo fare
No, questo no, non è l’inferno,
ma non comprendo com’è possibile
pensare che sia più facile morire
No, non lo pretendo ma ho ancora il sogno
che tu mi ascolti e non rimangano parole
Ho… pensato a questo invito non per compassione
ma per guardarla in faccia e
farle assaporare un po’ di vino e un poco da mangiare
Se sapesse che fatica ho fatto per parlare con mio figlio
che a 30 anni teme il sogno di sposarsi
e la natura di diventare padre
Se sapesse quanto è difficile il pensiero
che per un giorno di lavoro
c’è che ha più diritti di chi ha creduto
nel paese del futuro
No, questo no, non è l’inferno,
ma non comprendo com’è possibile
pensare che sia più facile morire
No, non lo pretendo ma ho ancora il sogno
che tu mi ascolti e non rimangano parole,
Non rimangono parole…
Pensare che sia più facile morire
Io no, non lo pretendo
ma ho ancora il sogno
che non rimangano parole
Non rimangano parole
Non rimangano parole
(K.Silvestre-E.Palmosi-L.Sala)
mercoledì 6 giugno 2012
A VOLTE (Maurizio Mancini)
AVREI VOLUTO RACCONTARE IL MIO VISSUTO DA UNA FORESTA, DA UN TEMPIO, DA UN MONASTERO, DA UN BORDELLO, DA UN CASTELLO, DA UN DESERTO, DA UN IGLOO, DA UN CONDOMINIO DI PALAFITTE, DA UN BISTROT, DA UN PUB, DA UN SALOON, DA UNA FAZENDA, DA UNA BARANGAY, DA LAGHI DI EQUITA' E FIUMI DI GIUSTIZIA, DA NON SO DOVE ORMAI, FORSE ESANIME FINIRO' IN UNA STRADA, COME SONO, CHIUNQUE, NON RINTRACCIO IL LUOGO ORMAI. FORSE Q U I ! ANONIMO COME VOGLIO.
IRRIMEDIABILMENTE LASCIATI IN MANO AGLI INCAPACI
ABBANDONATI A SE STESSI, SENZA ALCUN RITORNO ... ORMAI DESTINATI ALLA DESERTIFICAZIONE, ALL'AGONIA. AD UNA MORTE LENTA E SILENTE
ANCHE LE ULTIME LUCI SI SPEGNERANNO
lunedì 4 giugno 2012
venerdì 1 giugno 2012
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