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domenica 28 agosto 2011

PANCHO VILLA - TRA LEGGENDA E REALTA'


Paco Ignazio Taibo II ha scritto la biografia narrativa dedicata a Pancho Villa, leggendario rivoluzionario e condottiero, eroe popolare della rivoluzione messicana del 1910-1911. “L’emblema della vendetta delle vittime dell’ingiustizia sociale, un santo laico con gli stivali sempre sporchi di fango. Uno che non sapeva leggere, ma che quando fu governatore dello Stato di Chihuahua fondò cinquanta scuole. Un personaggio con la fama del beone che invece odiava l’alcool, che condannò a morte i suoi ufficiali per ubriachezza e che fece fracassare bottiglie e damigiane di bevande alcoliche in diverse città da lui conquistate.
Un rivoluzionario con una mentalità di rapinatore di banca che, divenuto generale di una divisione di 30mila uomini, nascondeva tesori in dollari, oro e argento all’interno di caverne, sotterranei o luoghi segreti, usandoli per acquistare munizioni per il suo esercito in un paese dove non c’erano fabbriche di cartucce”. Un esercito, quello che raccolse intorno a sé, fatto di banditi, soldati, avventurieri ma soprattutto contadini che gli rimarranno fedeli fino alla morte e per cui resterà sempre, insieme ad Emiliano Zapata, un eroe nazionale e a cui perdoneranno anche gli eccessi e la brutalità del carattere. Doroteo Arango, il futuro Pancho Villa, nasce intorno al 1878 da un famiglia di peones, semplici braccianti, nella regione di Durango nel nord del Messico. A 17 anni diventa un fuorilegge dopo aver ucciso il figlio dei padroni dell’hacienda, che aveva violentato la sorella. Nel 1910 abbraccia la causa della rivoluzione affascinato da Francesco Madero che promulga libere elezioni e la riconsegna delle terre ai contadini. Pancho Villa conquista una città dopo l’altra e riesce a spingersi fino a Città del Messico, ritirandosi dopo la salita di Madero al potere nel maggio del 1911. Ma nel 1912 per difendere il governo di quest’ultimo riprende le armi e viene arrestato. La prigionia e il colpo di stato che porterà all’ uccisione di Madero lo convincono della necessità di riprendere le armi e unitosi ad Emiliano Zapata entra a Città del Messico. Sono anni caotici per il suo paese, dilaniato da scontri fratricidi fino al 1916, anno in cui le truppe statunitensi invadono il Messico. Verrà assassinato nel 1923 e consegnato alla leggenda insieme agli altri artefici della rivoluzione messicana. La sua “leggenda” fa ritornare in mente le parole che il subcomandante Marcos ebbe a dire in un’intervista, rilasciata in Chapas, nel 1994:“Non ci interessa risuscitare le guerriglie estinte. Ci interessa rinnovare la lotta per la dignità. Le grandi frottole del nuovo ordine internazionale, del neo liberalismo o del liberalismo sociale non si vendono più… La storia non è finita: sta solo cominciando. E non marcia a favore dei potenti, bensì di tutti coloro che finora non hanno avuto la possibilità di dire: abbiamo vinto”. Pancho Villa è storia e leggenda, ma come scrive Paco Ignacio Taibo II “ Dobbiamo alimentarci anche di epica, non solo di pensieri razionali”.

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