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lunedì 10 maggio 2010

I GIGANTI ADDORMENTATI di Emanuela Sirianni

La senilità (più volgarmente detta anzianità o vecchiaia) non può essere definita con precisione poiché questo concetto non ha lo stesso significato in tutte le società. Per semplificare è stato coniato, a partire dagli anni 60, il termine “terza età” che si riferisce a quel periodo della vita umana che convenzionalmente comincia a partire dai 65 anni. Secondo alcuni la scelta di far iniziare la vecchiaia a partire dai 65 anni è dettata dal fatto che proprio in questo momento della vita gli individui iniziano progressivamente a ritirarsi dal mondo del lavoro, percependo una pensione sociale. Tuttavia, il raggiungimento di questa soglia di età non segna solo l’allontanamento dal lavoro ma spesso rappresenta l’inizio di un progressivo “declino” anche dal punto di vista fisico, che incide su tutte le principali funzioni vitali. Per rispondere adeguatamente ai bisogni di questa consistente fascia di popolazione le istituzioni stanno prevedendo una serie di interventi differenziati che mirano a migliorare la qualità della vita dell’anziano in tutti i settori di suo interesse.Tuttavia al di là degli interventi predisposti, la categoria degli anziani soffre ancora di una profonda emarginazione, soprattutto dal punto di vista psicologico, in quanto alla massiccia attenzione per i bisogni materiali non corrisponde un’adeguata attenzione per i bisogni psico-sociali di cui l’anziano è portatore. La vecchiaia è spesso caratterizzata da una forte sensazione di isolamento e solitudine che non riguarda solo gli anziani appartenenti a nuclei mono-personali ma anche quelli inseriti in famiglie o in qualche comunità di tipo assistenziale. Dalla parte dell’anziano, infatti, c’è un bisogno continuo e pressante di affetto ed una costante esigenza di comunicazione che non trovano sempre corrispondenza nei ritmi frenetici delle vite degli altri membri della famiglia. I ricordi di quando erano capaci di prendersi cura di sè stessi, di quando erano liberi di muoversi attivamente rappresentano un fardello pesante al quale si aggiungono i variegati problemi di salute che in maniera più o meno grave condizionano la percezione della vita da parte del soggetto. Queste situazioni, purtroppo, sono spesso trascurate, soprattutto da chi dovrebbe prendersi cura dei soggetti anziani, badando principalmente al loro benessere e non soltanto al proprio tornaconto economico. Se è vero infatti che per gli anziani si investe una cospicua fetta della risorse economiche nazionali è vero anche che nei loro confronti si opera ancora con una sorta di “rassegnazione” come se, proprio perché anziani e quindi arrivati alla fase terminale della loro vita, non fossero meritevoli di interventi ugualmente qualificati e professionali, da tutti i punti di vista. Come una volta, quando si sceglievano addirittura i manicomi, ancora oggi purtroppo si assiste a casi di anziani ricoverati in strutture sanitarie per i quali non viene dimostrata alcuna sensibilità ma in maniera molto sbrigativa si cerca di salvare il salvabile giustificandosi con un semplice “tanto ormai è vecchio!!” (Si veda Terenzio, autore classico, che alimentava il pregiudizio sulla vecchiaia, affermando che senectus ipsa morbus - la vecchiaia stessa è una malattia). Davanti a casi di questo tipo ci si rende conto di come la realtà che viviamo sia ancora lontana dal vedere nella cura dell’anziano una vera e propria missione di benessere e tutela. Se vogliamo davvero produrre benessere per gli anziani dobbiamo innanzitutto avvicinarci al loro mondo, coglierne le caratteristiche e le problematiche, considerarli nella loro individualità, come persone portatrici di specifici bisogni ma anche come fonti preziose di esperienza e saggezza, che non possono essere lasciate ai margini della nostra società, perché questo segnerebbe lo smarrimento di quel senso collettivo, fondamento di ogni comunità territoriale. Di questo indiscutibile valore, Marco Tullio Cicerone, un anno prima della sua morte, scriveva sul suo libro De Senectude, affermando che l'anziano non doveva abbattersi per il peso degli anni, perché c'è sempre il modo di rendersi utili, quando si è depositari di un patrimonio di conoscenza e di abilità che non può non essere utile alle generazioni future. (da Non Solo tributi)

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