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lunedì 24 maggio 2010

PENSARE GLOBALE AGIRE LOCALE




Le connotazioni non sono più quelle di una lotta di quartiere, o campanilistica, o aziendale, di difesa del proprio “orticello” e del proprio acquedotto, né di un conflitto circoscrivibile solo ad una regione ed a un solo settore sociale o merceologico. Non è una contesa di classe bensì una contrapposizione tra il più forte ed il più debole. Come attualmente sta accadendo nel mondo! Il livello è un altro: è qualcosa di più ampio respiro che coinvolgerà, abbandonerà, e schiaccerà definitivamente il SUD dell’Italia, per di più da quando, alla discutibile mentalità bancaria, si è sostituita la “slogica” del potere economico soggiogante la politica, la politica più becera.
Quanti e chi siamo in grado di capire e di raccogliere la sfida?
Senza rispolverare la questione meridionale con i vari pensieri dei Croce, dei Salvemini, dei Gramsci e dei Sylos Labini che ci porterebbe troppo indietro nella storia, c’è ormai poco tempo ed il pericolo incombe! In ballo c’è l’identità di una azienda come ETR, con i suoi volumi, con i suoi errori, con i suoi sacrifici, con la sua vita, con i suoi risultati di riscossione, con le sue professionalità, e con essa quella di tutta una area depredata e depauperata, quella del Mezzogiorno, interessata ormai da una repressione esercitata a tutti i livelli da quei poteri (trasversali e non) rappresentati a Roma ma le cui radici sono ormai persistenti in altre regioni del settentrione. In questo momento poco ci interessa delle reinterpretazioni storiche, dei Borboni e dei Savoia, e dei motivi addotti a spiegare l’unità dell’Italia. “No. Il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà. Se il Mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l’esempio dei suoi figli minori, tutto sarà inutile …” (Guido Dorso).
Senza dimenticare il passato, attorno a questa motivazione ci si dovrebbe ritrovare, ci si dovrebbe immolare, ci si dovrebbe unire, ci si dovrebbe rinsaldare, oltrepassando i colori politici di partito, di sindacato e di loggia, a cominciare da tutte le Organizzazioni Sindacali Aziendali di ETR che, scuotendosi dal torpore, dovrebbero rompere il silenzio assordante, trovando la saggia condivisione su un alto e reale obiettivo sub-partes. Alzare la testa!
La ferma tutela del SUD!
Quel SUD che rivendica la propria dignità, rivoltoso e che detesta i fannulloni e le clientele (presenti anche al nord), che contrasta la collusione tra mafia, politica e imprenditoria. Il Sud del brigantaggio, della depressione e della disoccupazione, che oltre alla ‘ndrangheta ha dovuto nella storia esportare magna cultura, manodopera e cervelli. E’ soprattutto a quest’ultimi, rimasti sull’avamposto, che ci rivolgiamo. L’aria arrogante della sottocultura imperante che abbiamo dovuto vivere, e che stiamo vivendo, a cominciare dal nostro indifferente e politicamente contraddittorio interno sindacale nazionale, non la vorremmo più respirare. Se a cuor leggero si rinuncia alle menti eccellenti, alla lealtà, al valore ed alla qualità, tenendo conto solo di una sezione equatoriale del globo e preferendo le vuote approssimazioni impersonate da “belle presenze da happening frugale”, asservite, allora vuol dire che i parametri a cui riferirsi per una equa analisi dei processi storici sono altri, e non ci interessano, e lo abbiamo scritto e dimostrato. Se nel contempo c’è chi, nella nostra Azienda, crede e spera ancora, inviando epistole a Roma, nella salvezza giungente da fuori e da lontano (Vi ricordate da dove sono stati paracadutati i contratti di solidarietà?), senza tentare di determinare direttamente il proprio destino e bloccando, di fatto, il confronto sul VAP (vacillante) e vari, allora sale la preoccupazione per noi e per chi verrà dopo di noi. Siete o no d’accordo sul potenziamento del 2° livello di contrattazione?
Per la stima che abbiamo, non vogliamo credere sia solo una questione di poltrone, di ruoli e di agibilità sindacali, l’accordo sulla materia (che avverrà prima o poi) potrebbe comportare anche ridimensionamenti di posizioni con differenti modulazioni geografiche. Il taglio ombelicale forse è già cominciato, e qualcuno dovrà preoccuparsi di ricollocare oltre 100 distaccati.
Chiediamo qualcosa di più elevato, qualcosa che rientra nella sfera dell’essenza e della sensibilità dell’io, del lavoratore e della lavoratrice che vive nella collettività. Non di quell’io narciso dell’altra casta che, a qualsiasi latitudine, spesso dimentica gli interessi dei lavoratori. Tutto questo, al di là del “messia”, ovvero di ciò che potrà prevedere il Piano Industriale di Equitalia, connesso intimamente sia a determinate perplessità politiche trasversali ed ai decreti attuativi del federalismo fiscale ( con i suoi misteriosi costi e con le sue ricadute), sia ai possibili ed auspicabili rigurgiti di resistenza che il SUD, con il suo spirito, può ancora emettere. Dalla propagandata lotta all’evasione e dalla impavida corruzione agli ormai insopportabili slogan, sgonfiati e rarefatti più dell’aria malsana che inaliamo.
Denunciando il perenne “stand-by”, evitiamo qui di declinare tutte quelle tematiche rimandate, rinviate, trattate e non trattate anche in questi ultimi giorni, ancora in bilico e non risolte. A Roma ed in Equitalia, così come in ETR. Ciò indica una colpevole e conclamata sterilità, una insistente inadeguatezza, che minano addirittura la convinzione concettuale sulla complessiva efficacia dell’attuale ruolo del Sindacato e dell’utilizzo di quest’ultimo. Attività e cariche espletate senza obiettivi ma con altre mete. “Mentre perdiamo il nostro tempo tra indugi e rinvii, la vita passa.”(Seneca) Ed il pianeta muore… ed Equitalia approda prima su Report e dopo su Striscia la Notizia. Sfuggendo la comprensione del momento storico, dell’insieme e del fine comune, si rischia di continuare a subire, a nutrire l’ignoranza, a dare credito ai millantatori e a favorire posizioni interessate da privilegi fondati sul nulla, e quindi a creare differenze strumentali tra gli individui ed i lavoratori.
In Grecia taglio delle 13° e delle 14° sui salari del pubblico e congelamento delle pensioni, in Spagna taglio del 5% degli stipendi dei dipendenti pubblici e relativo congelamento per tutto il 2011, in Germania, contro le promesse fatte, non saranno tagliate le tasse, in Francia riduzione del 10% in 3 anni delle spese d’intervento per le varie forme di sussidi di assistenza sociale. In Italia sarà una manovra di circa 25 milioni di euro, raggiungibili con dei tagli alla spesa e con dei prelievi: congelamento dei rinnovi contrattuali del pubblico, allungamento dei tempi per ricevere la liquidazione, cancellazione di alcune finestre per accedere al pensionamento, condono edilizio, possibilità di licenziare anche verbalmente magari senza poter ricorrere ad un giudice del lavoro ma ad un arbitrato. Lotta all’evasione dopo aver varato, mesi fa, lo scudo fiscale (al 4%) e fatte ingrassare con i soldi pubblici le cricche della corruzione. Contro l'attacco dei mercati nei confronti della moneta unica e dei fondi sovrani (debiti contratti dagli Stati per fronteggiare le difficoltà), solo un programma comune di controllo economico, in un’ottica di consolidamento politico europeo, potrà essere di aiuto. Ma la crisi non era alle nostre spalle?
Ora qualcuno (il grande statista) dovrebbe mettere la propria faccia incipriata da papi nel chiedere i sacrifici agli italiani. Mentre al Senato è stato dato lo stop alla reintroduzione del tetto massimo per gli stipendi dei manager, divampano i ragionamenti su federalismo europeo (euro nord ed euro sud), federalismo regionale (Equitalia Veneto), federalismo fiscale, o su quello a macroaree, giusto per sancire ed istituzionalizzare definitivamente le gabbie salariali, previste anche dalla revisione allo Statuto dei Lavoratori proposta dal ministro Sacconi. In Calabria, non potendo accedere ai FAS (fondi per le aree sottosviluppate) utili però per le quote latte e per altre distrazioni, ci sarà l’aumento delle tasse regionali, per rientrare dal “buco” causato nella sanità dalla clientela politica (da destra e da sinistra).Insomma una grande confusione, un caos primordiale causato dall’assenza di una vera e lucida politica generale, quella politica che, in un sistema democratico, dovrebbe riequilibrare e gestire. Se il Sud dovrà soccombere ed alla fine, come sempre, le crisi economico-politiche ed i momenti tragici del mondo, causati e pilotati dai soliti furfanti, si traslano in ripercussioni sui più deboli, allora continuate a procedere su questa strada, dimenticando le esigenze collettive.
Coerenti ed asettici! Per sempre un germe indigesto per molti. Siamo stati attenti alla relatività, alla mediazione sensata ed astrusa, cosmopoliti, e consapevoli del rapporto esistente tra microcosmo e macrocosmo, non ci siamo mai piegati al vento. Iconoclasti quanto basta! Per una politica rigorosa (se necessaria), rispettosa delle regole (per tutti), ma orientata da una anima solidaristica. Perché il rigore efficace e la disciplina, se finalizzati alla riuscita, devono scontare la condivisione e la partecipazione di tutti, e quindi della collettività sottesa da un nobile obiettivo: il bene comune. Altrimenti è altra cosa, autoritarismo, coercizione, elitarismo, un congegno esplosivo a tempo determinato, un concerto di singole note stonate, destinato all’eutanasia e quindi senza alcun successo! Ad un lento e progressivo morire.
Sappiamo riconoscere i falsi ed ipocriti paladini del Sud, opportunisti ed improvvisati che si cimentano,scrivendo a margine, con ostentazione, di questioni tanto distaccate dal loro quotidiano e dal panorama che li circonda, quanto estranee alla loro utilitaristica capacità nel comprendere la successione dei fenomeni, soprattutto quelli del meridione. Abili interessati mercanti!Siamo consapevoli di poter passare per i matti di turno ma, a volte, abbiamo constatato che il tempo, unico giudice, poi ci ha dato purtroppo ragione.Per il resto continueremo a leggere, a scrivere, a parlare, a viaggiare o a stare fermi, ad ascoltare musica, a fare sport, a lavorare ed a essere NOI stessi fino alla fine, e a credere che …

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