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giovedì 11 novembre 2010

IN RICORDO DI ANNA POLITKOVSKAJA


Era sabato 7 ottobre 2006, quando poco dopo le 16, a Mosca in Ulica Lesnaja, viene ritrovato il corpo barbaramente assassinato della giornalista Anna Politkovskaja. Fin da subito allo sdegno internazionale si accompagna il penoso tentativo in patria di ridimensionare la sua figura e di spegnere la sua voce. Ma la verità è nella sua vita e nelle sue cronache giornalistiche. In quell’inizio di ottobre Anna stava lavorando ad un articolo che conteneva una documentata denuncia contro Ramzan Kadyrov (primo ministro ceceno e pupillo di Putin) e i suoi uomini. Articolo in cui, ancora una volta avrebbe riportato accuse dirette di torture e trattamenti inumani ai danni di prigionieri politici e non. Le prime minacce alla sua vita risalgono a molti anni prima, al 2001 anno in cui viene arrestata, torturata e condannata a morte con un processo farsa, quando ormai il tentativo di ostacolare la sua ricerca di verità e “regolamentare” i suoi scritti diventa inutile. Dal 1999 al 2006 sulle pagine della Novaja Gazeta dà voce agli “scomparsi”, alla disperazione delle vittime,denuncia ingiustizie commesse in territorio ceceno e russo, porta avanti inchieste sulla corruzione negli apparati governativi e si impegna in prima persona per portare aiuti umanitari e dare supporto nelle azioni legali di chiunque le chieda aiuto per ottenere giustizia. Con la coerenza che la contraddistingue non risparmia critiche alle politiche occidentali di solidarietà e sostegno dei diritti civili che troppo spesso scontano il prezzo degli interessi economici dei singoli Stati. “A volte la gente paga con la vita per dire ad alta voce ciò che pensa.”
E come se non bastasse il suo impegno per i diritti civili, per la libertà di parola, le sue denunce coraggiose, il suo giornalismo limpido e indipendente, Anna Politkovskaja lascia aperta un’altra grande riflessione sul potere e l’uso della parola, oggi più che mai con l’amplificazione che ne fanno i media, usata per non dire, per manipolare le opinioni, per nascondere la verità. “Io vivo la mia vita e scrivo ciò che vedo.”Ricordiamola con l’immagine che il collettivo della redazione della Novaja Gazeta le ha dedicato sul sito del giornale: “Era bella e con il passare del tempo diventava sempre più bella, perché il volto lo riceviamo da Dio come materiale grezzo, ma poi ce lo scolpiamo da soli. In età adulta, dal viso inizia a trasparire l’anima. E lei aveva un'anima bella."
(2007-K.Maida)

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