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giovedì 11 novembre 2010

RIFLESSIONI SULL'ECONOMIA ETICA


Non è solo il dibattito sulla globalizzazione, avviato ormai su larga scala, a riproporre il quesito, ma la consapevolezza di un crescente squilibrio nella distribuzione della ricchezza, la povertà crescente di intere aree del pianeta, l’impoverimento di ampie fasce di popolazione nei paesi “sviluppati”, l’attività legislativa e le politiche umanitarie sempre più condizionate dalle grandi lobby del potere economico. Per la formulazione di una teoria chiamata “Economia Etica”, il filosofo ed economista indiano Amartya Sen ha vinto il Premio Nobel per l’economia nel 1998.
Ha fatto emergere, attraverso i suoi studi, la profonda contraddizione di una scienza socialmente avanzata come l’economia, che diventa sempre più “umanamente arretrata”, incapace di rispondere ai bisogni fondamentali dell’uomo perché sempre più astratta dal contesto storico, politico, ecologico.Partendo da un esame critico dell’economia del benessere e degli indicatori tradizionali di ricchezza (reddito e consumi), Sen propone di inserire valori basati su cooperazione e solidarietà, svolgendo un nuovo concetto di sviluppo, non più legato solo alla crescita economica, ma ad una complessiva, migliore qualità della vita per tutti.
Amartya Sen contesta all’utilitarismo…“l’indifferenza per la distribuzione della felicità” e rimprovera “chi tende a ridurre la libertà a un semplice vantaggio” ma, soprattutto, unico tra gli economisti, ammette che…”i beni principali (necessari per qualsiasi piano di vita) devono essere convertiti in benessere effettivo. Perché questo è il vero sviluppo”.
Considera un “diritto”, quindi, non solo la possibilità di accesso ai beni materiali ma anche quella di avere opportunità, di partecipare alla vita della comunità, di esercitare diritti, quella che in sintesi egli definisce la libertà di decidere la propria vita e di operare scelte.Un’esempio riuscito di come si può produrre ricchezza, sviluppando un progetto legato alla solidarietà sociale, è stato realizzato in Bangladesh con la Banca Etica di Muhammad Yunus e il sistema del microcredito.
Per chi non accetta il liberismo, che sconta un inevitabile costo sociale (ed anche umano) per produrre ricchezza, e per chi non condivide il pessimismo rispetto ad un processo considerato ormai troppo degenerato per cambiare, esiste la possibilità, sempre, di una scelta “etica”. Una scelta etica non è alienata rispetto alla realtà, ha e deve avere consapevolezza storica del momento in cui si vive, della realtà in cui agisce, ma crede nella possibilità di operare cambiamenti, di esercitare scelte individuali e collettive coerenti a principi socialmente etici, in tutti i contesti in cui opera, per sviluppare una cultura dove i processi economici ed in senso più ampio politici, scontano principi di solidarietà, equità, cooperazione, responsabilità sociale e, sempre, di rispetto della dignità della persona.

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